QUID IN MENSIS?


NOTA INTRODUTTIVA. – La pubblicazione di questo scritto non vuol essere un nuovo contributo alla critica testuale di Pindaro, no di certo. Il vero oggetto di questa pagina, invece, è dato dalle divertenti e interessanti circostanze che impedirono a suo tempo la pubblicazione del nostro articolo. Dopo la stesura finale, che risale al 1973, inviammo questo nostro lavoro giovanile a svariate riviste con l'intento di vederlo pubblicato. Per molti intuibili motivi questo genere di contatti richiede parecchio tempo, cosicché passarono alcuni anni, prima che ci rivolgessimo alla rivista “Latinitas”. Il direttore di allora, Ettore Paratore, ben noto latinista, aveva già pubblicato la nostra Adnotatiuncula Tulliana e, quindi, speravamo di poter confidare nella sua disponibilità, che in effetti ci fu data con una comunicazione del 21 settembre 1976. Sennonché, il 16 gennaio 1977 ricevemmo una divertentissima lettera, vera ciliegina sulla torta, che trascriviamo qui di seguito.


Roma, 16 gennaio 1977
Gentilissimo Sig. Illiceramius,
Sono proprio mortificato di non poter più fare nulla per Lei, ma non per le ragioni che Le hanno nociuto finora e che forse Lei sospetta anche nel mio contegno, ma per il semplice motivo che nella rivista Latinitas mi hanno messo alla porta. Siccome il Papa ha costituito la fondazione Latinitas col capitale di 50 milioni, un capitale non certamente vistoso, ma sempre appetibile per chi finora aveva dovuto far combattere le entrate con le spese, i reverendissimi monsignori, che già mi avevano sullo stomaco, hanno ritenuto sacrilego che un vile laico avesse, come direttore della rivista, le mani in pasta in un bilancio del genere e mi hanno fatto lo scherzo da prete di escludermi dal nuovo consiglio direttivo, togliendomi quindi l'incarico di moderator. E dire che io da anni dirigevo la rivista per amore dell'arte e devozione alla Chiesa, senza beccare un quattrino.
Il suo articolo è quindi affidato al volere dell'abate Egger e di mons. Del Ton; non so quale fine gli sia riserbata.
Spiacente di doverle dare questa notizia sgradita per tutti e due, La saluto cordialmente ricambiando gli augurî.
Ettore Paratore

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POSTILLA. – La spassosissima lettera di Ettore Paratore non abbisogna di alcun commento! Quanto al nostro articolo – come abbiamo sopra riferito – non ha alcuna finalità filologica, ma fa da supporto alla lettera. Dopo tanti anni, in effetti, avremmo molte osservazioni da opporre a quello studente sia nel merito sia sulla prosa latina, osservazioni che per ovvie ragioni tralasciamo. Basti dire che in una nuova edizione di Pindaro anteporremmo a δεύτατα una crux, a segnalare il locus desperatus, limitandoci semmai ad ipotizzare un uso intensivo di ἀμφὶ δεύτατα che, echeggiando δεύτερα, assumerebbe il senso non solo di «als Nachspeise», secondo la traduzione di O. Werner, cioè come dessert, bensì di als die süßte Nachspeise, cioè come il più dolce dei dessert, tenendo ben presente il monito di Orazio: Pindarum quisquis studet aemulari.. ceratis... nititur pennis vitreo daturus nomina ponto (Od. 4,21-4).

Franco Luigi Viero]

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