Frederick Nicks, Frederick Chopin as a Man and Musician, London (Novello and Co., Ltd.) 31902, 2 voll.


APPENDICE VII
(II, p. 338)

CAROLINE HARTMANN (VOL. II, p. 175)

A p. 175 di questo volume, a proposito dell'allieva di Chopin, Caroline Hartmann, ho accennato a Spohr. Per risparmiare al lettore curioso un incomodo, avrei dovuto indicare che l'informazione si trova nell'autobiografia di Spohr sotto la data Munster, presso Colmar, 26 marzo 1816 (pp. 245÷150 dell'edizione tedesca; pp. 229÷232 dell'edizione inglese). Jacques Hartmann, padre di Caroline, era un produttore di cotone ed un entusiasta appassionato di musica. Aveva un'orchestra costituita dalla sua famiglia ed employés. Spohr definisce il padre un virtuoso di fagotto; quel che dice della figlia è quanto segue: "Sua sorella e sua figlia suonano il pianoforte. Quest'ultima, una bimba di otto anni, è la star dell'orchestra di appassionati. Suona con una destrezza ed una precisione davvero ammirevoli. Rimasi ancor più stupito dal suo fine orecchio: lontano dal pianoforte riconosce gli intervalli degli accordi più intricati e dissonanti che uno voglia suonare, e nomina in sequenza tutte le note di cui sono costituiti. Se la bimba sarà ben guidata, diverrà sicuramente un'eccellente artista”.


APPENDICE VIII
(II, p. 338÷339)

Mme PERUZZI[1] (VOL. II, p. 177)

Il lettore sarà grato quanto me per le interessanti note che seguono, comunicate da Mme Peruzzi (nata Eliza Eustafiew, il cui padre fu console generale russo per gli Stati Uniti d'America) sui suoi rapporti con Chopin.

"Incontrai Chopin per la prima volta nella casa del banchiere americano Samuel Welles, a Parigi, dove, come tutti i presenti, rimasi incantata nell'ascoltare le sue mazurche, i valzer, i notturni, ecc., che suonava su un brutto pianoforte da tavolo. Vivevo come dame en chambre (una consuetudine molto opportuna per le signore sole) in una pensione o, piuttosto, in un vero e proprio convitto con camere destinate alle signore. La padrona di casa conosceva molta gente del mondo musicale, ed avevo uno splendido pianoforte a coda americano situato nel grande salotto dell'istituto, cosicché mi sentivo quasi come a casa, e lì ricevevo Chopin, Liszt, e Herz (la signorina Herz, sua sorella, dava lezioni nella scuola), e spesso suonavo brani a quattro mani con loro.

"La mia amicizia con Chopin iniziò dopo il mio matrimonio. Spesso egli cenava con noi; mio marito gli era molto simpatico, e dopo cena non eravamo a casa se veniva qualcuno, ma restavamo ai nostri due pianoforti (Erard me ne aveva mandato uno), suonando insieme, ed ero solita divertirlo individuando alcuni brevi passaggi tratti dalle sue composizioni, che sembravano simili a domande, cui doveva rispondere dall'altro pianoforte. Egli abitava molto vicino a casa nostra, cosicché assai spesso passavamo la mattinata da lui, dove mi chiedeva di suonare insieme tutti i duo di Weber. Per me era una delizia, tanto più che si complimentava con me per la mia lettura a prima vista e per come mi calavo subito nello spirito della musica. Mi fece conoscere il bel duo di Moscheles, e fu il primo con cui suonai lo splendido duo di Hummel. Egli era un grande estimatore di Weber. Tenevamo spesso concerti diurni con un doppio quartetto e Chopin molto cortesemente mi girava le pagine; gli piaceva farlo soprattutto quando suonavo il Settetto di Hummel; era così stimolante. Anche quando gli suonavo musiche sue, approvava qualche dettaglio non indicato e diceva: “Che bella idea questa!” Mio marito lo pregava di darmi lezioni, ma rifiutava sempre, eppure me le dava, poiché studiai tante cose con lui, tra l'altro i suoi due concerti. Una volta suonai il Concerto in mi minore accompagnata da lui stesso su un secondo pianoforte. Trascorremmo molte serate piacevoli nella casa dei coniugi Leo, appassionati di musica; Mme Moscheles era una loro nipote. A Chopin piaceva recarsi là dov'era il prediletto. Fra i suoi più intimi amici si presentava sempre al meglio. Io fui quella che l'aiutò a battezzare la Berceuse. Ella mi chiede in che anni conobbi Chopin; ebbene, 1838 è la data del manoscritto in mio possesso, che egli mi diede dopo essermi maritata, e scrisse le ultime note di quel piccolo gioiello sul leggio del pianoforte in nostra presenza. Diceva che non voleva che fosse pubblicato, perché l'avrebbero suonato. … Allora mostrò come l'avrebbero suonato, il che fu molto divertente. Venne alla luce dopo la sua morte: è un tipo di valzer-mazurka [è la Valse op 69 n. 1]. Camille Pleyel, suo intimo amico, lo chiamò “storia di un re bemolle”, perché quella nota ricorre costantemente. Una mattina accompagnammo Paganini a sentire Chopin, che ne rimase affascinato: sembravano intendersi perfettamente. Quando lo conobbi, era sofferente e suonava in pubblico solo ogni tanto, ed allora faceva mettere il suo pianoforte in mezzo alla Sala Pleyel, mentre gli ammiratori stavano tutti intorno. Una sua particolarità era l'estrema delicatezza ed il suo pianissimo era straordinario. Ogni piccola nota risuonava chiara come una campana. Le sue dita sembravano non avere ossa; certi effetti li otteneva con la grande elasticità. Si risentiva molto d'essere accusato di non tenere il tempo: chiamava la sua mano sinistra maître de chapelle, mentre la destra poteva girellare ad libitum."

NOTA DEL TRADUTTORE

[1] Anche se Niecks ritiene che il lettore debba essere grato a Mme Peruzzi, noi, al contrario, non lo siamo, poiché quello che scrive risulta, ad una attenta lettura, piuttosto ambiguo. Infatti, non vi è un solo vero apprezzamento riguardante Chopin come pianista o insegnante. Ecco gli apparenti apprezzamenti:
– restava incantata nell'ascoltare le sue mazurche ecc., ma non commenta il modo di suonarle; quindi, apprezza qui il compositore, non il pianista, che suonava per di più su un brutto pianoforte…
– l'estrema delicatezza era la specialità di Chopin, come il “ canard à la Tour d'Argent ” è una nota specialità del famoso ristorante parigino.
Ed ecco quali i pregi che dissimulano difetti:
– il pianissimo di Chopin era straordinario. Ma, si chiede il lettore: se le dita non avevano ossa, come faceva a suonare forte? Ebbene, Mme Peruzzi dice solo che Chopin otteneva certi effetti con grande elasticità. E quali erano questi effetti? Insomma, qui è sottintesa la ben nota critica al pianista.
– Chopin voleva andare solo dove lo coccolavano;
– tutte le altre testimonianze che ne fanno menzione, ricordano la straordinaria abilità di Chopin come accompagnatore, ma, di nuovo, Mme Peruzzi non dice nulla;
– ricorda l'accusa mossa a Chopin di non suonare a tempo, ma non aggiunge nessun commento; dice solo che Chopin chiamava la sua mano sinistra maître de chapelle e che la destra faceva quello che voleva. In certa misura giustifica le accuse.
In compenso elenca le sue proprie qualità:
– era una signora per bene, perché, essendo sola, viveva in un convitto. E chi se ne frega!?
– I migliori, cioè Chopin, Liszt e Herz, volevano suonare a quattro mani con lei;
– Chopin voleva suonare i duo di Weber con lei;
– Chopin si complimentava con lei per la sua lettura a prima vista e per come si calava subito nello spirito della musica;
– Chopin le girava le pagine!
– Chopin approvava le sue “belle idee” interpretative;
– in pratica, fu lei a trovare il nome alla Berceuse;
– faceva giocare Chopin suonandogli domande cui egli doveva rispondere dal secondo pianoforte.
Ma non è tutto. Subito dopo aver detto che la loro amicizia iniziò dopo il di lei matrimonio, Mme Paruzzi aggiunge che suo marito era molto simpatico a Chopin! Strano accostamento…
Quanto poi al manoscritto contenente il presunto Valzer op. 69 n. 1 afferma che è del 1838, ma il manoscritto di quel valzer è datato 1837! Quel “piccolo gioiello” era «un tipo di valzer-mazurka» (bizzarra definizione!) che venne fuori solo dopo la morte del compositore: evidentemente come “gioiello” era davvero “piccolo”! Di più, sostiene che Camille Pleyel l'aveva intitolato “storia di un re bemolle”. Ma, a parte il fatto che il Valzer op. 69 n.1 è in la bemolle maggiore, non vi è alcuna insistenza sul re bemolle. Le composizioni di Chopin sono piene di re bemolli! O Camille Pleyel era rimbecillito o il “gioiello” era un altro, oppure Mme Peruzzi aveva travisato i suoi ricordi.
Le sole note interessanti sono due: 1. le dita di Chopin erano talmente elastiche da sembrare senza ossa, e 2. ogni nota risuonava chiara come una campana. Tutto il resto sono baggianate.

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