Chopin e il Pianoforte | ||
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Questa sezione è dedicata a Chopin e al pianoforte. Innanzitutto verrà offerta gratuitamente la migliore edizione critica, unica nel suo genere, delle opere del grande Maestro. Quindi, si propongono: [Quanto al pianoforte vogliamo precisare che queste pagine sono dedicate esclusivamente a coloro che non sono sordi alla qualità del suono prodotto dal pianoforte, cioè non sono sordi alla principale innovazione introdotta dalla scuola chopiniana, la quale esige un pianoforte vero. Un pianoforte vero si distingue da un pianoforte fasullo in modo molto semplice e immediato. Si prenda un pianoforte a coda in buone condizioni e si invitino due o, meglio, più pianisti a suonare un brano di loro scelta. Ebbene, se la qualità del suono prodotta dai vari pianisti è la medesima, ciò significa che quel pianoforte è fasullo. Infatti, un vero pianoforte sotto mani diverse restituisce una qualità di suono diversa, propria a ciascun singolo pianista. Nel secolo scorso esistevano più pianoforti in grado di restituire in sonorità (= qualità del suono) le differenze prodotte dalla diversa pressione delle dita esercitata dai vari esecutori, e non alludiamo affatto alla dinamica, cioè al piano e al forte, bensì alla qualità del suono. Questi pianoforti erano i Bechstein, costruiti prima del secondo conflitto mondiale (cioè prima che la Baldwin depredasse la gloriosa fabbrica delle sue migliori maestranze), gli Steinway, i Pleyel, i rarissimi ma bellissimi Kaim, in misura minore i Bösendorfer, e pochi altri del tutto scomparsi. Oggi il solo pianoforte rimasto sensibile alla pressione qualitativa, cioè non solo dinamica, è, purtroppo, uno solo: lo Steinway. La ragione per la quale, nei concorsi che offrano ai candidati la scelta dello strumento, siano sempre più frequentemente preferiti pianoforti fasulli come gli Yamaha e, ahinoi, i Fazioli, dipende unicamente dal fatto che il candidato, inconsapevolmente non sordo, sente che il suono prodotto dallo Steinway non lo appaga, senza rendersi conto che la causa non è lo strumento, bensì egli stesso. Chi è sordo, dovrà rivolgersi al tavolino con tre gambe per farsi dire qual è la differenza tra un “bel suono” e un “brutto suono”; ma si consoli, perché nemmeno Liszt sentiva la differenza e lo confessa egli stesso quando afferma che Chopin «amava in particolare i Pleyel a causa della loro sonorità argentina, un po' velata, e della tastiera leggera», in altre parole, non aveva capito nulla. Almeno, però, Liszt, seppure non possedesse la tecnica di Chopin, cercava di imitarla e carpirne i segreti. — Giugno 2021.] [I lettori sono invitati a segnalare eventuali errori e/o imprecisioni. Grazie.] | |
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